Deepfake e sintesi vocale: opportunità e rischi nel marketing video

Immagina di creare un video pubblicitario che abbia per protagonista un volto famoso in grado di parlare perfettamente la lingua del tuo pubblico. O magari un assistente virtuale che chiama i tuoi clienti per nome, con una voce calda e naturale. Fantascienza? Non più. Al giorno d’oggi, tecnologie come i deepfake e la sintesi vocale stanno rivoluzionando il modo in cui comunichiamo. Nel mondo del marketing video, in particolare, queste soluzioni aprono porte immense in termini di creatività, personalizzazione e automazione, pur portando con sé anche un bel carico di questioni etiche, legali e di fiducia.

In questo articolo scopriremo insieme in che cosa consistono davvero queste tecnologie, come stanno cambiando il settore marketing e quali sono i confini tra innovazione e manipolazione. Pronto a fare un salto nel futuro (che è già qui)?

Cos’è il deepfake e come funziona


Il termine “deepfake” nasce dalla combinazione tra l’espressione “deep learning”, una branca dell’intelligenza artificiale capace di apprendere autonomamente dai dati, e la parola “fake”, che significa “falso”. Con esso ci si riferisce pertanto a contenuti audiovisivi manipolati tramite reti neurali, allo scopo di riprodurre in modo incredibilmente realistico l’aspetto, i movimenti e la voce di una persona. In altre parole, è possibile generare video in cui un volto umano appare perfettamente integrato in contesti in cui non è mai stato realmente presente, parlando con espressioni, inflessioni e sincronizzazioni labiali estremamente credibili. Fino a pochi anni fa, queste tecnologie erano accessibili solo a ricercatori o esperti del settore. Oggi, invece, la disponibilità di strumenti online sempre più intuitivi e potenti ha abbassato notevolmente la soglia d’ingresso, rendendo il deepfake alla portata anche di chi ha competenze tecniche limitate. Questo ha aperto le porte a un ventaglio di utilizzi creativi e commerciali, sollevando però importanti questioni etiche e legali. Nel contesto del marketing video, del resto, il deepfake offre potenzialità straordinarie. Si possono creare testimonial virtuali, tradurre un contenuto in più lingue mantenendo lo stesso volto e la stessa voce, oppure automatizzare la produzione di messaggi video personalizzati su larga scala. 

Ciò detto, la sottile linea tra coinvolgimento autentico e manipolazione artificiale richiede una riflessione profonda. Un uso non trasparente di queste tecnologie, infatti, può compromettere la fiducia degli utenti e danneggiare la reputazione di un brand. La potenza del deepfake, pertanto, risiede tanto nella sua capacità di innovare quanto nella responsabilità con cui viene impiegato.


Sintesi vocale: una tecnologia sempre più avanzata


Un’altra tecnologia sempre più centrale nel panorama del marketing video è la sintesi vocale, chiamata anche “text-to-speech” (TTS). Il suo scopo è quello di trasformare un testo scritto in una voce parlata, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale. Se in passato queste voci risultavano meccaniche e facilmente riconoscibili grazie al loro timbro “robotico”, oggi il livello di realismo ha raggiunto una qualità sorprendente: intonazioni naturali, pause credibili, inflessioni emotive e adattabilità linguistica rendono alcune voci sintetiche quasi indistinguibili da quelle umane. Oltre alla semplice lettura di un testo, le tecnologie più avanzate permettono anche di clonare una voce reale partendo da pochi campioni audio. In questo modo è possibile “replicare” il timbro vocale di una persona e utilizzarlo per generare messaggi vocali su misura, in qualsiasi lingua o tono comunicativo: un’opportunità che ha aperto scenari molto interessanti, soprattutto in ambito pubblicitario e nella comunicazione personalizzata. Nel marketing video, la sintesi vocale permette di produrre contenuti rapidi, multilingua e su larga scala, riducendo tempi e costi rispetto a una registrazione tradizionale in studio. Oltre a questo, consente di adattare messaggi a diversi target in modo più fluido e coerente, sfruttando la flessibilità dell’IA per creare esperienze sempre più personalizzate e accessibili. Come nel caso dei deepfake, però, anche qui si pone una questione di trasparenza. Se la voce che ascoltiamo è artificiale, il pubblico ha il diritto di saperlo? La voce sintetica rappresenta un’evoluzione del marketing, oppure rischia di compromettere l’autenticità della comunicazione?

La verità è che la sintesi vocale, come qualsiasi altra tecnologia emergente, non è né buona né cattiva in sé: tutto dipende dall’uso che se ne fa e dal contesto in cui viene inserita.


Opportunità e rischi nel marketing video


L’uso di deepfake e sintesi vocale nel marketing video apre scenari estremamente interessanti in termini di innovazione, personalizzazione e ottimizzazione dei processi creativi. La possibilità di generare contenuti su misura, tradurre un messaggio in più lingue mantenendo coerenza visiva e vocale, o automatizzare la produzione di video a partire da pochi dati di input, offre ai brand strumenti potenti per aumentare la portata e la rilevanza delle proprie campagne. Prova a pensare, per esempio, a un casting a Milano per uno spot: invece di convocare decine di candidati da tutta Italia, l’agenzia potrebbe sfruttare il deepfake per simulare i volti degli attori su una scena preimpostata, valutando in anticipo la resa di ciascun profilo nel contesto previsto. Parallelamente, con la sintesi vocale, si potrebbe testare in pochi minuti come suonerebbe uno spot letto da voci diverse, con tanto di tonalità e inflessioni personalizzate. E tutto questo senza far muovere nessuno dalla propria città: un vantaggio concreto in termini di tempo e costi, ma che solleva anche interrogativi in merito a trasparenza, autenticità e rispetto per il lavoro artistico. Ed è proprio su questo equilibrio tra efficienza e responsabilità che si giocano le vere sfide. 

Queste tecnologie, se utilizzate in modo etico e dichiarato, possono potenziare la creatività e rendere il marketing più dinamico e accessibile. Al contrario, un uso ingannevole e poco chiaro rischia di compromettere la fiducia degli utenti e minare il valore stesso della comunicazione. Sta quindi ai professionisti del settore scegliere con consapevolezza, imparando a integrare l’intelligenza artificiale senza dimenticare quella umana.

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