Il ruolo dello script supervisor: perché è cruciale in una produzione

Perché lo script supervisor è cruciale in una produzione?
Quante volte guardando un film, o anche uno spot pubblicitario, vi siete immersi totalmente in quel flusso narrativo sotteso alla storia? Un racconto che vi è apparso scorrere senza interruzioni, come se fosse nato già così, praticamente perfetto. Eppure, senza lo script supervisor, quella storia non sarebbe stata la stessa storia. Anzi con buona probabilità avreste avvertito delle frizioni narrative o ancora emozioni sfilacciate. Ma vediamo più da vicino chi è e cosa fa e perché è così importante, pur lavorando “dietro le quinte” di una produzione.
Chi è e cosa fa lo script supervisor
Quello dello script supervisor non è solo un lavoro di memoria, ma di attenzione selettiva. Sul set si impara presto che non tutto è importante allo stesso modo e la bravura dello script supervisor sta nel capire cosa, se incoerente, rischierebbe di spezzare l’attenzione e la coerenza. Un bicchiere che cambia livello di riempimento tra un’inquadratura e l’altra è un errore che, anche senza accorgersene, il pubblico “sente”. E poi è anche vero che un set non è mai ordinato come ce lo si aspetta: non si gira in sequenza, ma in base a location disponibili, luce, esigenze di produzione. Una scena di fine film può essere girata all’inizio, e il dialogo del primo atto magari settimane dopo. In questo caos organizzato, è proprio lo script supervisor quel filo che cuce insieme tutto. Legge la sceneggiatura, la smonta, individua i punti critici. E prepara schede dettagliatissime: posizione degli attori, luce, trucco, persino il tono di voce con cui una battuta è stata pronunciata.
Non è inoltre un mestiere per chi si distrae facilmente. anche perché le riprese possono durare dodici ore, con condizioni che cambiano all’improvviso e mentre tutti si concentrano su ciò che sta accadendo in quel momento, lo script supervisor tiene a mente anche quello che è stato girato ieri e ciò che sarà girato domani. È un lavoro che vive sempre su tre piani temporali contemporaneamente.

Le competenze che non si leggono nei titoli di coda
Se si sfoglia la lista delle figure tecniche di un film, lo script supervisor compare quasi in fondo, tra nomi che il grande pubblico non nota. Eppure, senza quelle competenze, la storia che arriva sullo schermo sarebbe fragile. La prima, e forse più evidente, è la capacità di osservare. Non guardare soltanto, ma cogliere l’impercettibile. Poi c’è la memoria, quella vera. Perché sì, tutto viene annotato su schede, foto, video di riferimento, ma sul set non sempre c’è il tempo di consultare. Bisogna sapere, ricordare all’istante dove era appoggiata una mano, come era allacciata una cintura, quale piega aveva il tessuto. E non solo ricordarlo, ma comunicarlo subito a chi di dovere, senza rallentare il flusso del lavoro.
La comunicazione, infatti, è un’altra competenza invisibile ma fondamentale. Lo script supervisor è un nodo tra reparti che parlano lingue diverse con tempi e priorità proprie. E poi c’è un aspetto che non si impara nei manuali: la sensibilità artistica. Perché non tutto quello che è “fuori posto” va corretto. A volte una lieve incoerenza visiva, se coerente con il tono della scena, diventa parte del linguaggio narrativo. La resistenza allo stress completa il quadro. Le giornate di riprese sono lunghe, stancanti, piene di imprevisti. Ci sono momenti in cui sembra che tutto si stia sgretolando e mentre l’ansia scorre sotto pelle a tutti, lo script supervisor deve restare lucido, con la stessa calma di chi sa di avere in mano il filo che tiene tutto unito. Perché, di fatto, è così.
Il filo che unisce lo script supervisor e il regista
Ogni regista ha la propria idea di controllo. C’è chi non lascia sfuggire un dettaglio, e chi invece preferisce navigare a vista, affidandosi alla sensazione del momento. In entrambi i casi, lo script supervisor è lì. Non in secondo piano, ma in un ruolo parallelo, come un secondo paio d’occhi che veglia sulla coerenza della storia. La relazione tra queste due figure è fatta di fiducia, perché il regista non può permettersi di monitorare tutto: sta guidando gli attori, gestendo il ritmo, proteggendo il tono emotivo di ogni scena. Non può al tempo stesso ricordare l’esatta posizione di un bicchiere, l’inclinazione di una lampada o il verso di un foulard. Questo equilibrio richiede anche una notevole abilità di lettura del contesto. Alcuni registi vogliono essere informati di ogni possibile incoerenza, anche minima. Altri, invece, chiedono di ricevere solo le segnalazioni davvero rilevanti e lo script supervisor deve capire subito a quale tipo appartiene chi ha di fronte, e adattare il proprio metodo di lavoro di conseguenza.
Il rapporto non finisce con l’ultimo ciak. Prosegue in post-produzione, quando il montatore si trova di fronte a ore di girato e a una montagna di scelte possibili. Le note dello script supervisor diventano allora una mappa per segnalare quali take il regista ha preferito e perché, affinché tutti i pezzi si possano incastrare come fossero la cosa più naturale del mondo.
Un ruolo invisibile che protegge il valore di un’intera produzione
Tra i mestieri che fanno questo lavoro, probabilmente lo script supervisor rimane una figura poco raccontata. Eppure la produzione filmica non può prescindere da una tale figura per garantire che la visione creativa arrivi intatta dallo storyboard allo schermo, senza smarrire precisione e intensità lungo il percorso. In una sola parola questo ruolo permette di proteggere il valore della produzione, evitando costosi errori in fase di riprese o in montaggio. E forse, proprio per questo, è uno dei ruoli più preziosi dell’intero set: perché quando il racconto funziona e lo spettatore si perde nella storia, il merito è anche di chi ha saputo tenere insieme, scena dopo scena, la trama invisibile che la sostiene.

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