Hunkvertising: La figura dell’uomo nella pubblicità

SCOPRI COSA VUOL DIRE HUNKVERTISING E COME VIENE USATO NELLA PUBBLICITÀ

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La pubblicità è indubbiamente una forma di arte, una narrazione capace di far viaggiare la fantasia e il cuore di chi la osserva. La pubblicità affascina con i suoi racconti, le storie coinvolgono, emozionano e diventano fenomeni di costume e di società, oltre a diventare oggetto di studio, di attenzione, di condivisione.
Tra i protagonisti indiscussi degli spot pubblicitari non solo le donne, ma oggi sempre più gli uomini. Così diverse agenzie con la realizzazione spot pubblicitari che hanno come testimonial l’uomo hanno contribuito a far diventare alcune pubblicità dei veri e propri cult, rimasti indelebilmente scolpiti nei ricordi del pubblico. Molte pubblicità ci hanno abituati a oggettivizzare il corpo dell’uomo, fino a creare veri e propri modelli da prendere anche da esempio.
Nasce così il termine di hunkvertising, riferito ad un uomo forte, virile, sicuro di sé, che riscuote consensi e successi e presta la propria fisicità alla pubblicità di prodotti, servizi e brand.

Cosa vuol dire Hunkvertising?


Sono tanti gli esempi in pubblicità dove l’uomo viene oggettivizzato in un corpo statuario, praticamente perfetto, al punto tale da poter rintracciare esattamente i famosi canoni estetici degli antichi Greci.
Con il termine di hunkvertising viene proprio indicata questa caratteristica fisica del corpo dell’uomo. La parola nasce dalla fusione di due diversi concetti: il termine inglese “hunk”, tipico del gergo colloquiale utilizzato per riferirsi a un uomo aitante e attraente e “advertising“, noto come pubblicità. Questo termine pone l’accento sull’aspetto assolutamente fisico del corpo maschile e sulle sue caratteristiche di mascolinità e forza che coincidono con la perfezione. Ritratto nudo o seminudo, il corpo maschile diventa un elemento carico di significati che passano così dal prodotto al testimonial e viceversa. L’hunkvertising si fa portatore di un’immagine fortemente stereotipata dell’uomo e anche, in alcuni casi, lontana dalla realtà, che crea una dimensione molto utopica e mitologica della narrativa pubblicitaria. Il corpo dell’uomo diventa al pari di una statua un modello da ammirare, ma inarrivabile per molti, creando un effetto comunque fortemente immaginifico alla storia narrata all’interno dello spot. 


Perché lo stereotipo in pubblicità


La pubblicità attinge parecchio al mondo degli stereotipi. Se da un lato lo stereotipo è una dimensione “forzata” della realtà, dall’altro lato l’uso di luoghi e forme comuni, per arrivare ad un destinatario si rivela una strategia comunicativa molto efficace. Lo stereotipo è un modello riconosciuto coralmente e quindi la decodifica di un messaggio che tocca il tema dello stereotipo diventa immediata, come il senso che si vuole trasmettere. Facendo  leva proprio sull’immaginario collettivo, la figura dell’uomo viene oggettivizzata per tradurre una panoramica di significati e che hanno come centro la bellezza, il benessere, l’equilibrio, ma anche la tenacia, la forza e la robustezza tipiche dei caratteri più virili. Un immagine rappresentative che si presta in maniera elastica a impersonare, di volta in volta, cliché ben precisi e diversi.


Evoluzione della figura maschile nella pubblicità


Se però osserviamo una serie di esempi passati e ripercorriamo alcuni corpus pubblicitari, ci rendiamo presto conto che la figura maschile ha comunque compiuto una vera e propria evoluzione nel corso della storia pubblicitaria., prima di approdare alla perfezione statutaria dell hunkvertising. Gli anni ‘80 e gli anni ‘90 hanno portato avanti l’immagine di un uomo molto sicuro, e sempre più trainante della società, figlio del benessere, dominante, il prototipo del maschio alfa. Con l’andare degli anni però l’uomo inizia a perdere i tratti duri e spigolosi di una maschilità fortemente ostentata per diventare sempre più fascinoso e vestire i panni dell’irresistibile seduttore, modello a cui tendere nell’immaginario collettivo, per la forte influenza esercitata sul pubblico femminile.  L’uomo oggetto però tende a perdere forza con l’andare del tempo e la pubblicità trova nuovi elementi per costruire la propria narrativa, fatta non solo più di corpi statuari e fisicità marmorea, ma lo stereotipo cede il passo alla realtà.

I Brand iniziano a costruire relazioni con i propri target e la pubblicità degli spot diventa un mezzo attraverso cui innescare un racconto che vuole e potentemente il target all’interno dello spot. Certi modelli inarrivabili e “proibitivi” vengono pertanto abbandonati e dismessi a vantaggio di protagonisti “più a portata di mano”.
Solo così, infatti, sarà possibile, e saranno da subito i grandi Brand a fare scuola, avvicinare il pubblico al marchio. Il nuovo millennio battezza l’incipit di un nuovo modello, quello dell’uomo di successo, discretamente affascinante, ma soprattutto appagato dal proprio lavoro, realizzato negli affetti. Si parla di un uomo che va via via perdendo i tratti del “bello e impossibile”, per diventare invece anche marito e padre modello.

La figura maschile “si umanizza”, scendendo dal podio “della divinità” e si cala in un contesto più ordinario “e familiare”, dove sicuramente risulta più facile l’identificazione dell’osservatore all’interno della narrativa dello spot. L’evoluzione della figura mashile continua negli anni e tende a diventare sempre più “femminea”, un uomo gentile, esperto di pulizia per la casa e pannolini per bebè.
Molto lontano dagli esordi di mascolinità dura, oggi l’uomo in pubblicità facilmente ben riesce ad interscambiarsi con la donna fino a trovare egli stesso una dimensione ideale e nuova, addirittura “da mammo” perfetto, giocando ironicamente sull’uso degli stereotipi totalmente scardinati, per poter ripristinare e abilitare davvero la parità dei sessi e dei ruoli, nella vita come nella pubblicità.

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